Dante abbraccia Sordello

E nessuno più se ne stupisce: adesso in Tripolitania e Cirenaica la diplomazia del Cavaliere fa silenzi e capriole, mai dietrofront. Lontano da Firenze, mi vien da ricordare Dante che abbraccia Sordello (Purgatorio, Canto Sesto, v. 76-84):
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

Quell'anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;

e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode
di quel ch'un muro e una fossa serra.
Al che ricordo il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi:
76. Ahi serva Italia...: la celebre invettiva, che terrà il canto fino alla fine, sospende la narrazione [dell'incontro tra Dante e Sordello]. Qui la voce personale dell'autore prende il sopravvento, per la forza di commozione che interviene a quel ricordo, più a lungo che in qualunque altro luogo del poema [...]. Irrompe qui la grande passione che tenne l'animo di Dante per tutta la vita, passione morale e politica insieme, di fronte all'ingiustizia del vivere civile, e al rovinare delle istituzioni in cui egli credeva. Il suo solenne e profetico ammonimento sui potenti della terra — che qui risuona in modo eminente — è una delle prime ragioni per le quali è nato il poema.

To blog more?

We shall see.